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Le “lingue d’oro” delle mummie, un mistero (svelato?) dell’Egitto tolemaico

Elena Percivaldi

Nel dicembre 2024, una missione archeologica congiunta egiziano-spagnola, diretta dall’Università di Barcellona, ha fatto una scoperta sensazionale nell’area dell’odierna Al-Bahnasa, l’antica Oxyrhynchus, in Egitto. Qui, in un complesso di tombe scavate nella roccia, sono emerse 52 mummie, di cui 13 adornate con lingue d’oro e alcune con unghie dorate. Ad annunciare la scoperta, così come quella recentissima della presunta tomba del faraone Thutmose II, il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, che ha sottolineato l’importanza di questi straordinari reperti per comprendere le pratiche religiose dell’antico Egitto…

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Oltre ai resti umani, le tombe contenevano anche sarcofagi di pietra calcarea, amuleti, scarabei a cuore e pitture murali dai colori vivaci. Le iscrizioni e le decorazioni rappresentano divinità quali Osiride, Anubi e Nut, suggerendo un legame profondo con i culti dell’aldilà. Datate al periodo tolemaico (305-30 a.C.), epoca l’Egitto era governato dalla dinastia greco-macedone fondata da Tolomeo I – uno dei generali di Alessandro Magno -, offrono dunque uno spaccato di grande interesse sulle credenze e i rituali della civiltà egizia in un momento di profonda trasformazione culturale.

Lingue d’oro (C) Università di Barcellona

L’epoca tolemaica, periodo di trasformazioni

Durante l’epoca tolemaica l’Egitto, infatti conobbe la fusione tra le antiche tradizioni locali e le influenze greche. Situata nella fertile valle del Nilo, Oxyrhynchus era un centro religioso e culturale di grande importanza, ricco di templi e celebre per il culto degli animali sacri. Le tombe scoperte riflettono questa ibridazione: i rituali funerari restano radicati nella tradizione egizia, ma l’uso di materiali preziosi come l’oro potrebbe indicare un’influenza ellenistica, dove il lusso e l’ostentazione rivestivano un ruolo simbolico e sociale di grande importanza.

Barca del dio Aton (C) Università di Barcellona

Oxyrhynchus, un sito complesso

Il sito di Oxyrhynchus/Al-Bahnasa presenta una struttura complessa: da un pozzo rettangolare in pietra si accede a una sala centrale con tre camere funerarie, dove le mummie erano disposte fianco a fianco, il che fa pensare a una sepoltura comunitaria. Tra i reperti spiccano quattro sarcofagi intatti, decorati con scene di divinità e offerte, e una serie di amuleti tra i quali gli scarabei, ben noti simboli di rigenerazione. Alle pareti delle tombe, dipinte con colori vivaci, pitture che illustrano i processi di imbalsamazione, preziose per ricostruire le credenze dell’epoca.

Amuleti presenti nelle tombe (C) Università di Barcellona

Tra i dettagli più interessanti, citiamo la presenza di una mummia attribuita a un individuo di nome Wen Nefer, citato anche nelle iscrizioni. Chi fosse con precisione non lo sappiamo, ma è probabile che si trattasse di un membro della comunità religiosa oppure di una famiglia influente.

Il significato delle lingue d’oro

Ma perché gli antichi Egizi inserivano le lingue d’oro nelle bocche dei defunti? La risposta risiede, verosimilmente, nel loro sistema di credenze sull’aldilà. Secondo la mitologia egizia, infatti, dopo la morte l’anima si trovava ad affrontare il giudizio di Osiride, dio dell’oltretomba. Per poter parlare e potersi difendere dinnanzi a questo tribunale divino, il defunto doveva avere una lingua integra e funzionante, cosa tutt’altro che certa dopo aver subito il processo di mummificazione, che comportava la rimozione degli organi interni e il trattamento invasivo della salma. Durante questi passaggi, la lingua poteva deteriorarsi: ecco perché veniva sostituita con un simulacro d’oro, metallo considerato eterno, divino e incorruttibile.

Una delle lingue d’oro trovate nello scavo (C) Università di Barcellona

Realizzate in sottili lamine dorate modellate per assomigliare quanto più possibile al corrispondente organo umano, le lingue d’oro erano dunque un simbolo di protezione e un mezzo per garantire la comunicazione nell’aldilà.

Le unghie dorate: un enigma ancora da risolvere

Alcune delle mummie di Oxyrhynchus presentavano anche un’altra “protesi” dorata: le unghie, molto più rare e di difficile interpretazione. Secondo gli archeologi, potrebbero forse essere un elemento di protezione fisica o spirituale, che permetteva di preservare l’integrità del corpo nell’aldilà. Con ogni probabilità tale trattamento era riservato agli individui di rango quali, ad esempio, sacerdoti o nobili legati ai culti locali.

Una cosa è certa. Le mummie con lingue d’oro di Oxyrhynchus non costituiscono solo un ritrovamento spettacolare, ma rappresentano anche l’importante testimonianza di una società che, come quella egizia, credeva fermamente nella vita dopo la morte. E che per questo investiva cospicue risorse economiche, non lesinando il ricorso a elevate competenze artigianali e artistiche allo scopo di preparare degnamente i defunti per il loro ultimo viaggio.

L’intrigante scoperta di Oxyrhynchus fornisce dunque nuovi elementi per migliorare la comprensione della società del periodo tolemaico, un’epoca di transizione spesso trascurata rispetto ai fasti delle dinastie precedenti. E lascia numerose, affascinanti questioni ancora aperte.

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A Gela riemergono nuovi reperti archeologici: nel vaso di terracotta la tomba di un bimbo del VI secolo a.C.

Redazione

Il sottosuolo di Gela continua a restituire testimonianze del suo passato. Nei giorni scorsi, durante degli scavi effettuati dall’Enel in via Garibaldi sotto la consueta sorveglianza della Soprintendenza, sono venuti alla luce diversi reperti, tra cui un’osteotheca risalente alla prima metà del VI secolo a.C. Si tratta di un otre per vino in terracotta con quattro anse e un beccuccio versatoio, riutilizzato come contenitore funerario per un infante. Al suo interno c’erano, infatti, alcune ossa.

Interessante l’analogia con un reperto simile scoperto dal celebre archeologo Paolo Orsi nel secolo scorso, a conferma di una pratica funeraria consolidata nell’area.

Nello stesso sito sono infatti stati rinvenuti i resti di altre due sepolture ad enchytrismos, inumazioni in anfora poste all’interno di una fossa scavata nel banco roccioso. Trovata anche parte di una tomba alla cappuccina e frammenti ceramici d’importazione che datano il complesso alla prima metà del VI secolo a.C.

«Ancora una volta Gela ci sorprende con ritrovamenti di straordinario valore storico che ci fanno conoscere rituali codificati e diffusi, mentre i frammenti ceramici d’importazione confermano la centralità della nostra città nelle reti commerciali mediterranee del VI secolo a.C – dice l’assessore regionale dei Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato -. Questo ritrovamento testimonia l’efficacia delle nostre politiche di tutela preventiva che prevedono una sistematica sorveglianza archeologica durante qualsiasi intervento nel sottosuolo urbano. Seguiremo con particolare attenzione il prosieguo degli scavi nei dieci metri lineari ancora da esplorare, fiduciosi che possano emergere ulteriori testimonianze del nostro straordinario passato»

I reperti,  dopo le necessarie operazioni di studio e restauro, saranno esposti al Museo archeologico regionale di Gela, nel Nisseno.

Fonte: Regione Siciliana