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Top 20 – I Miei Film del 2024

Come ogni anno, dopo la grande corsa ai recuperi di fine dicembre, siamo giunti ad una più o meno soddisfacente decisione su quali sono o penso che siano i 20 film che più mi sono piaciuti di questo 2024. Come ribadito nel titolo, si tratta dei miei film preferiti e non dei migliori film, perché è bene ricordare che la lista in questione non si erge a verità assoluta sulle opere più belle uscite quest’anno, ma elenca semplicemente i 20 titoli più amati dal sottoscritto. Quindi non gridate allo scandalo se non trovate il vostro film preferito, può essere che, pur riconoscendone l’ottima fattura, mi sia piaciuto meno rispetto ad un film magari meno perfetto ma più emozionante (oppure un altro motivo per cui manca potrebbe essere che non l’ho proprio visto, come ad esempio La Stanza Accanto di Almodovar, in tal caso vi invito a scrivere nei commenti ogni suggerimento atto a colmare le mie tante lacune).

Ricordo come sempre che in classifica compaiono solo film distribuiti in Italia (al cinema o in esclusiva streaming) nel 2024, anche se sono stati presentati in qualche festival negli anni precedenti. La discriminante è sempre stata questa, dal 2008 a oggi e non è cambiata. A presentare questa sedicesima edizione della Top 20 quest’anno troviamo Irene Jacob, meravigliosa protagonista di Tre Colori – Film Rosso (Krzysztof Kieślowski, 1994).

Fatte le doverose premesse del caso (a- Miei film preferiti, non migliori film in assoluto e b- solo film distribuiti in Italia nel 2024), prima di lasciarvi ai titoli della Top 20 ci tengo a sottolineare che ovviamente non è stato possibile vedere tutto ciò che è uscito durante l’anno solare ma soltanto una settantina di titoli e che quindi, come sempre, è una classifica molto parziale che si fa più per gioco che per reale utilità. Apriamo le danze dunque e, mi raccomando, fatemi sapere anche le vostre scelte!

20- The Beast (La Bête, Bertrand Bonello)
L’ultimo film di Bertrand Bonello, già autore del bellissimo Nocturama e del notevole Zombi Child, è forse il suo lavoro più ambizioso, pieno di rimandi a David Lynch, forse imperfetto, ma ricco di suggestioni visive, in una sorta di effetto droste del subconscio e della vita stessa. Esteticamente suggestivo (la Parigi del 2044 è perfettamente credibile), come ogni altra opera di Bonello è un film che si specchia un po’ troppo nel suo bisogno di essere “diverso”, ma al tempo stesso è intrigante a non finire.

19- Do Not Expect Too Much from the End of the World (Nu astepta prea mult de la sfârsitul lumii, Radu Jude)
Un film con due film paralleli che conversano tra loro (questo, di Radu Jude, e un altro film romeno del 1981, Angela Merge Mai Departe), un geniale piano sequenza finale di quasi 40 minuti, una protagonista femminile straordinaria (quanto l’attrice che la interpreta, Ilinca Manolache), un’opera ricca di citazioni, capace di raccontare perfettamente i tempi che corrono, personaggi social compresi. Totalmente fuori di testa, ma irresistibile (e come se non bastasse, c’è pure un cameo del regista Uwe Boll). Il cinema romeno non è solo il grande Mungiu e questa è una notizia eccellente.

18- Flow (Straume, Gints Zilbalodis)
Un’opera originale, che trova solidarietà nella desolazione, un’isola di calore “animale” in uno spaventoso mare di scoramento, che sembra non finire più. Quello del lettone Gints Zilbalodis è un miracolo d’animazione che insegna, senza alcuna retorica, che qualunque vita è importante e va salvata e che insieme, seppur con le nostre differenze e distanze culturali, si può ancora restare a galla.

17- The Substance (Coralie Fargeat)
Citazionista a non finire (in particolare Shining e 2001 Odissea nello Spazio, ma anche De Palma e Lynch), il secondo lungometraggio di Coralie Fargeat è praticamente un’opera di David Cronenberg che ha partorito un figlio da un film di Edgar Wright: jump cuts, estetica pop, cinefilia e body horror si incontrano in un film a tratti grottesco, capace di raccontare fin troppo bene l’ossessione del mondo di oggi nel doversi continuamente piegare di fronte agli standard di bellezza instillati dalla società, tv e social media in cima. Quel che ne esce fuori è qualcosa che può apparire orripilante e disgustosa, ma al tempo stesso anche irresistibile e divertente, come un folle ubriaco che urla dentro un autobus: vorresti distogliere lo sguardo e liberartene ma non riesci a smettere di osservarlo.

16- Megalopolis (Francis Ford Coppola)
L’opera più divisiva del 2024 nonché una di quelle destinate a essere maggiormente ricordate: c’è talmente tanta roba dentro che meriterebbe un saggio a parte, un approfondimento tutto suo. Quel che è certo è che è un film che sarà studiato, analizzato e raccontato in tesi di laurea e corsi universitari, data la sua visione del futuro, il modo in cui mette in scena i lati più oscuri del capitalismo immergendo il tutto in un’enorme metafora sulla caduta dell’Impero Romano. Un imponente caleidoscopio di grandezza e decadenza, che non solo mescola New York e l’Antica Roma in un’unica, distopica, realtà, ma riflette anche il pensiero di uno dei più grandi registi della sua generazione. Penso che il mondo ancora non sia pronto per questo film, ma ai vostri figli piacerà!

15- Vermiglio (Maura Delpero)
La sorpresa italiana dell’anno arriva dalla regista trentina Maura Delpero, che dal nulla vince il Leone d’Argento a Venezia e (giustamente) soffia a Sorrentino la possibilità di rappresentare l’Italia ai prossimi Premi Oscar. Ciò che più colpisce, oltre alla bellezza della messa in scena, è la credibilità del film: la distribuzione del latte al mattino, l’uso del dialetto, i personaggi (un cast di esordienti piuttosto sorprendente per un film italiano). Crudo nel suo realismo, potente nei suoi non detti, è davvero il miglior film italiano uscito quest’anno.

14- Love Lies Bleeding (Rose Glass)
Che bella sorpresa quest’opera seconda della giovane regista londinese Rose Glass. Ci sono echi di Thelma e Louise, con un vago richiamo al cinema dei Coen, c’è una dose di violenza potente ma non eccessiva, ci sono steroidi, c’è un Ed Harris viscido e inquietante: il tutto è messo insieme così bene dalla regista, che quando il film finisce sei davvero soddisfatto per come hai speso gli ultimi 100 minuti. Certo che tra questo e l’universo di Breaking Bad, Albuquerque deve essere proprio un cavolo di posto pericoloso.

13- American Fiction (Cord Jefferson)
Irresistibile satira tragicomica sulla desolante mercificazione della cultura afroamericana. Il dramma familiare sembra uscito dalla penna di Alexander Payne (purtroppo quest’anno scalzato dalla classifica) ed è senza dubbio il motore emotivo di quest’ottima opera prima di Jefferson, che riesce a condire il suo film con una satira pungente seppur, a tratti, un po’ troppo calcata. Tuttavia il regista e sceneggiatore ha una scrittura sopraffina, un’ironia fuori dal comune e ottime idee.

12- I Delinquenti (Los Delincuentes, Rodrigo Moreno)
Moreno sfrutta una rapina in banca come McGuffin per raccontare la vita di due uomini alle prese con la libertà, l’amore, la propria rinascita. Come l’altro caso argentino degli ultimi anni, lo straordinario Trenque Lauquen di Laura Citarella, anche questo si prende il tempo di raccontare le cose a modo suo (dura tre ore) e lo fa bene, saltando dal crime al poliziesco, dal sentimentale al prison movie, senza perdere mai un grammo di credibilità. Una scena che ho amato: gli sguardi attraverso il finestrino del pullman, nel viaggio notturno da Cordoba a Buenos Aires. L’Argentina continua a sfornare grandi film.

11- Povere Creature! (Poor Things!, Yorgos Lanthimos)
Vi siete mai chiesti come sarebbe stato crescere, fare nuove esperienze, dunque vivere, senza l’influenza di sovrastrutture sociali, vergini di ogni comportamento di facciata, semplicemente abbandonati e dediti alla pura e semplice ricerca di un’emozione, di un’avventura, di qualcosa di nuovo e mai provato? Bella Baxter, novella creatura di Frankenstein, prova a mostrarci qualcosa del genere, in una commedia sull’autocoscienza che, a tratti, somiglia quasi più a una fantasia erotica: il film trabocca di vita tanto quanto la sua memorabile protagonista e, come lei, è stravagante, ambizioso, senza però apparire mai troppo pretenzioso. Il mondo, attraverso gli occhi di Bella Baxter, è una visione da vivere fino in fondo, anche a costo di farsi male. Perché questa è la vita e, probabilmente, anche qualcosa di più.

10- Racconto di Due Stagioni (Kuru otlar üstüne, Nuri Bilge Ceylan)
Quando stai per vedere un film di Nuri Bilge Ceylan, maestro del cinema turco, bisogna sempre essere consapevoli di due cose: che sarai impegnato per circa tre ore e che ti troverai davanti a immagini meravigliose. Le lunghe sequenze del film infatti, che spesso sono dei piani sequenza a inquadratura fissa, usano il ritmo dei dialoghi per creare tensione, spingendo lo spettatore esattamente dove Ceylan ha deciso di portarlo: farsi trascinare in questo torrente di dialoghi, scontri verbali, cinismo e aridità, è emozionante. Come dice il titolo originale, internazionalizzato in About Dry Grasses, sotto la neve l’erba non cresce, nasce morta, secca, arida, una sorta di destino che potrebbe essere riservato a chi cresce in quel luogo dimenticato da dio. Straordinario.

9- Il Ragazzo e l’Airone (Kimi-tachi wa dō ikiru ka, Hayao Miyazaki)
Un’avventura tra spazio e tempo, con porte che danno su mondi paralleli, personaggi fantastici e sogni senza età: i viaggi nei mondi di Miyazaki ballano sempre sull’equilibrio, precario, tra i sogni che tengono insieme il nostro mondo e la fredda violenza che minaccia sempre di spezzarlo. Costruisci la tua torre, afferma un personaggio nella bellissima sequenza finale ed è ciò che Miyazaki vuole suggerire a tutti noi: in un mondo che cade letteralmente a pezzi sotto continue guerre, dolore e distruzione, dobbiamo dare il nostro contributo di umanità e bellezza. Dobbiamo crearci ognuno il nostro angolo di felicità, in modo tale che, mettendoli tutti insieme, potremo battere l’oscurità del mondo con la nostra luce. E non c’è insegnamento più bello da parte di un maestro giunto al termine della sua incredibile carriera: i suoi film sono gli strumenti, quasi una guida, il grosso del lavoro però dobbiamo mettercelo noi. Costruiamola questa torre.

8- L’Innocenza (Kaibutsu, Hirokazu Kore’eda)
Kore’eda non sbaglia mai un film. Il primo atto sembra quasi lineare e ti sembra strano che il regista giapponese abbia realizzato qualcosa di così “facile”, se mi passate il termine. Nel secondo atto la storia si ripete, ma dal punto di vista di un altro personaggio e qualche altarino comincia a svelarsi. Poi arriva il terzo atto, con la stessa storia osservata però dal punto di vista dei due bambini protagonisti ed è qui che si vola. Un esempio straordinario del celebre Effetto Rashomon, stratagemma narrativo inventato da Kurosawa: chi se non uno dei più grandi registi giapponesi del suo tempo poteva rimetterlo in scena con cotanta maestria?

7- Anora (Sean Baker)
Nell’ultima fatica di Sean Baker non c’è niente di prevedibile, se non la meravigliosa dignità della sua protagonista Mikey Madison, nel ruolo che vale una carriera. Baker non giudica, non punta il dito, riesce però a farci ridere per gran parte del suo film e, al tempo stesso, emozionare con i sogni infranti di una working class al quale è severamente proibito godere di un riscatto, una rivalsa sociale o quel che sia. Un film trascinante, che maschera il dramma sociale sotto le spoglie di una farsa, segnando quest’anno di cinema grazie a un’indimenticabile protagonista: Sean Baker insiste a non voler sbagliare mai un film.

6- Fremont (Babak Jalali)
Si tratta del più bel film simil-Kaurismaki non girato da Kaurismaki, anche perché dietro la macchina da presa c’è l’iraniano Babak Jalali. Delicato come un sorbetto al limone, dolce come un biscotto, questo film è come una la tazza di tè caldo durante una tempesta, un plaid sulle gambe quando l’umidità ti gela le ossa, il legno di un camino che scoppietta in bianco e nero. Con un finale che non si dimentica, è il classico tipo di film che inseguo da mesi e di cui poi mi innamoro per sempre.

5- Tatami (Zar Amir Ebrahimi e Guy Nattiv)
il film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi è un racconto di libertà e femminismo, ennesimo film di quest’anno che vede al centro della scena delle donne forti: tra tanti splendidi personaggi femminili visti sul grande schermo nel 2024, il ritratto più potente e strepitoso è senza dubbio quello della protagonista di questo film straordinario. Commovente.

4- Il Mio Amico Robot (Robot Dreams, Pablo Berger)
Tenero, malinconico, in certi momenti struggente, è un lavoro svolto con grande delicatezza, aperto a letture di diverso genere e con una colonna sonora che resta in testa per giorni (soprattutto September degli Earth, Wind & Fire). Una favola moderna, in cui la felicità può prendere strade diverse, senza però dimenticare il passato. Emozionante nelle maniere più inaspettate, è il classico film che si arrampica alle viscere e ti resta addosso per giorni, settimane e forse mesi. Non ci credete? Provate a vederlo.

3- La Zona d’Interesse (The Zone of Interest, Jonathan Glazer)
Se questa classifica invece di essere sui miei film preferiti fosse sui migliori film dell’anno, allora quello di Glazer si troverebbe probabilmente al numero uno. Anche il male ha una sua quotidianità, una sua routine, una vita apparentemente normale. Jonathan Glazer ci dimostra che un’atrocità può avere molte forme e può essere perfettamente mostrata pur trasferendo tutta la sua agghiacciante potenza dall’occhio alle orecchie dello spettatore. Il regista ignora visivamente l’orrore per rendere ancor più dirompente il suo messaggio. Un film stupendo, in senso prettamente artistico, ma soprattutto agghiacciante: nel bene (il Cinema) e nel male (la Storia).

2- Perfect Days (Wim Wenders)
I “giorni perfetti” del meraviglioso protagonista di Wim Wenders appartengono a un mondo quasi scomparso, un mondo fatto di semplicità e pazienza. Il regista tedesco con questo film omaggia la “complessa semplicità” di Ozu: c’è tanta umanità e bisogno di pace interiore da coprire, forse superficialmente, tutto il dolore che c’è sotto, che esce fuori lentamente, con la stessa pazienza con cui il protagonista si occupa delle meraviglie tecnologiche che deve igienizzare. Due ore di straordinario cinema.

1- Past Lives (Celine Song)
Un’opera prima sconvolgente, ispirata a una vicenda autobiografica vissuta dalla stessa regista, che sembra quasi condensare la trilogia dei Before di Richard Linklater in un unico film, anche se qui i protagonisti non prendono in mano il loro destino, piuttosto lo subiscono. Il folgorante esordio cinematografico di Celine Song, ancor più che una storia d’amore, è soprattutto un discorso profondo sull’identità, dove la protagonista danza in equilibrio tra le sue radici e i suoi frutti. Come canta Leonard Cohen nel primo atto del film, there’s no way to say goodbye, che si tratti di Hae Sung, del suo passato o di un’intera parte di sé. In questo film meraviglioso, il mio preferito uscito in sala in questo 2024, non c’è veramente modo di dire addio.

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