A Castelnovo, frazione di Isola Vicentina, si era formato un gruppo di antifascisti
Bruno Viola era orgoglioso di poter dare il suo contributo economico alla famiglia, anche se la preoccupazione che la polveriera [n.d.r.: della S.A.R.E.B – con sede sociale a Genova – a Montecchio Precalcino (VI)] potesse essere oggetto di bombardamento era costante. Era infatti cominciata la seconda guerra mondiale. Tali preoccupazioni non erano del tutto infondate. Il 26 dicembre 1943 vi fu un primo sabotaggio ma soprattutto l’11 febbraio del 1945 sei aerei P47 degli alleati bombardarono la città e la polveriera, senza fortunatamente causare morti.
Compiuti diciotto anni, nel 1942, si arruolò volontario in marina. Interrogati i fratelli sul perché di questa sua scelta, mi hanno risposto che fu probabilmente consigliato dai professori della scuola che frequentava, che in quegli anni avevano una grossa influenza sulle scelte lavorative dei giovani.
Presso l’Archivio di Stato di Vicenza ho trovato copia dei certificati riguardanti la visita di leva. Un primo documento, con data 29 luglio 1942, lo dichiara abile e arruolato. Un secondo documento, prodotto dalla Capitaneria di porto di Venezia ci dà maggiori informazioni.
Viola Bruno, numero di matricola 73281, domiciliato in via Roma 33, aveva occhi castani, capelli castani lisci, colorito roseo e dentatura sana. Era alto 1 metro e 66 cm e non presentava segni particolari. Era iscritto nelle liste di leva di mare del Compartimento marittimo di Venezia e alla domanda se sapesse leggere e scrivere si risponde positivamente. Inoltre si nota che sapeva nuotare e vogare.
Fu arruolato volontario nel C.R.E.M. (Corpo dei Reali Equipaggi Marittimi), denominazione introdotta nel 1926 per distinguere gli allievi delle scuole di Marina da quelli della Regia Aeronautica. Esistevano tre istituti di formazione della marina, a La Spezia, a Pola e a Venezia. In seguito al referendum che decretò la nascita della Repubblica italiana, la sigla C.R.E.M mutò in C.E.M.M. (Corpo Equipaggi Militari Marittimi). Ancora si nota come il suo servizio militare durò dal 6 ottobre 1942 all’8 settembre 1943, meno di un anno.
Fu inviato a La Spezia, dove c’era un’importante base navale. Qui alla preparazione sulle navi affiancò la preparazione quale radiotelegrafista ed era in procinto di prendere il brevetto.
In questo periodo non tornò mai a casa in licenza.
Bruno Viola, a destra, con la divisa da marinaio. Fonte: Francesco Corniani, op. cit. infra
Bruno Viola, il primo da destra, insieme al comandante della sua sezione. Fonte: Francesco Corniani, op. cit. infra
Sul retro della fotografia Bruno scriveva: “22-5-43 Ricordo della mia Sezione delle Scuole C.R.E.M” e poi “W i futuri marinai d’ Italia”. Fonte: Francesco Corniani, op. cit. infra
Tornò a Vicenza in seguito alla situazione di disgregazione provocata nelle forze armate dall’armistizio siglato nel settembre del 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 le tre scuole di marina cessarono di esistere. Sempre nel foglio matricolare si legge che Bruno Viola viene dichiarato “sbandato in territorio nazionale” per il periodo che va dal 9 settembre 1943 al 31 gennaio 1944.
Preso il treno, a Vicenza si ricongiunse con il papà che lavorava lì vicino e che lo riaccompagnò a casa sul palo della bicicletta.
Come nel resto d’Italia, anche a Caldogno la situazione era difficile. Bruno era conosciuto perché più volte si era rifiutato di partecipare alle manifestazioni fasciste e ai raduni. A Caldogno i tedeschi avevano installato un ospedale ed erano guidati dal tenente colonnello medico dottor Maue.
Non accettò inviti e pressioni ad arruolarsi e preferì vivere in disparte e nascosto per non essere portato come prigioniero in Germania. Con lui si formò un gruppo di amici, anche essi fermi nella decisione di non arruolarsi nell’esercito repubblichino e di ignorare i bandi di chiamata alle armi.
Vennero inoltre a sapere che a Castelnovo, frazione di Isola Vicentina, da cui dista due chilometri e mezzo, e circa 5 da Caldogno, in una zona montuosa ricca di boschi e nascondigli (località Guizza) si era formato un gruppo di persone, renitenti alla leva, che stavano organizzando l’opposizione a fascisti e nazisti. Del gruppo di 12 persone che dovevano partire insieme a lui, Bruno Viola si ritrovò solo il giorno della partenza. Se non fu un tradimento, poco mancò.
La mamma di Bruno insisteva perché non partisse. Anche uno zio tentò di dissuaderlo. A tal proposito la sorella di Bruno, Rosina, mi ha detto che questo zio, fratello del papà, aveva una casa proprio a Castelnovo. Era una casa grande, con molti bambini, e in più aveva una mansarda, una di quelle senza scale, alla quale si può acceder solamente attraverso una botola. Si diceva certo che lì Bruno sarebbe stato al sicuro e che nessuno sarebbe venuto a cercarlo.
Ma Bruno aveva deciso ed era irremovibile nella sua scelta. Sono particolari come questi a indurmi a riflettere su quanta coscienza, quanto coraggio, quanta convinzione animavano Bruno e come lui tutti i partigiani che in quei drammatici momenti scelsero la via meno facile, la via delle montagne, invece di rinunciare a lottare. E questo mi sprona ulteriormente nel cercare di rendere loro onore con questa mia tesi. Perché la storia di Bruno non è solo la sua, ma anche di altri giovani e meno giovani che come lui si sacrificarono per l’ideale della libertà e della giustizia.
Così nel febbraio del 1944, accompagnato dalla sorella Rosina, lasciò in lacrime la madre e raggiunto Castelnovo congedò anche la sorella. “Torna a casa” le disse. Rosina rispose:”Come, così sola, di notte?” e Bruno : “Sì, è giusto così.”
Dal primo giorno di febbraio del 1944 alla data della morte, 12 agosto 1944, gli viene riconosciuta la qualifica di partigiano combattente, ai sensi del DD.LL 21/8/45 n°518 (decreto legislativo luogotenenziale che regola il riconoscimento delle qualifiche dei partigiani). In questo periodo gli viene attribuita la qualifica di comandante nucleo (sergente) per il periodo che va dal 15 maggio del 1944 al 14 giugno dello stesso anno e la qualifica, sempre per il 1944, del grado di comandante di squadra (sergente maggiore) per i giorni che vanno dal 15 giugno alla sua morte.
Con il gruppo della Guizza rimase poco tempo, perché non ci si trovava bene. C’ erano difficoltà nei rapporti, nei rifornimenti di armi, viveri e vestiti e le azioni faticavano ad avviarsi.
Inoltre, come mi ha raccontato la sorella, Bruno le disse che quel gruppo si dedicava frequentemente alla razzia di maiali, mucche e pecore. Una notte mandò a chiamare la zia, quella che si era offerta di ospitarlo a casa sua a Castelnovo perché disse che doveva parlarle. Bruno doveva riferirle che lui non voleva stare con quella compagnia di Castelnovo, poiché tutte le notti erano in giro a rubare (mucche, maiali, lana di pecore).”Io non sono venuto a fare il partigiano per andare a rubare” le disse.
Così dopo circa venti giorni Bruno tornò a casa e comunicò alla famiglia l’intenzione di volersi aggregare ad un altro reparto. In quel periodo Bruno tornò a casa sei o sette volte.
Nascosto dall’oscurità, evitava di entrare dalla porta principale ma bussava alle finestre sul retro, che davano sui campi. Dava molta importanza alla pulizia personale, cosicché una delle prime cose che faceva, appena rientrato tra le mura domestiche, era quella di lavarsi, trascurando perfino il cibo.
Mandava a letto i fratelli più piccoli e restava solo con la mamma e la sorella più grande, Rosina, a parlare. E ogni volta la mamma lo implorava perché restasse a casa. Coscienziosamente non dormiva in casa ma con il fratello Sante, che lavorava in un negozio di ferramenta, dormiva nei campi, per la paura di essere sorpreso nel sonno e senza possibilità di fuga dai fascisti. Ripartiva la mattina presto e prima di lasciare la casa si faceva dare dalla mamma biancheria pulita. L’ultima volta che tornò a casa fu la prima settimana di luglio.
Per ricostruire adesso le mosse dell’ex marinaio dobbiamo affidarci alle testimonianze dei suoi compagni di avventure. Bruno è presente in molte situazioni differenti.
“Nel luglio del 1944 sulle colline tra Gambugliano e Torreselle (poco distante da Castelnovo, nda) c’era già una pattuglia comandata dal “Negro” che non faceva parte del distaccamento del “Tar”. <128
Proprio di questo gruppo faceva parte Viola, che era dunque un “uomo” di Luigi Faccin “Negro”.
I nomi delle persone appartenenti al gruppo di “Negro” insieme a Viola, che diventerà il vicecomandante e a cui sarà affidato il gruppo a Malga Zonta in assenza di Faccin, sono: Castini Isidoro “Achille”, comandante della seconda pattuglia, nato a Malo il 25/11/1926, Cecchetto Mario “Sasso”, Gambugliano 2.5.1925, Zordan Severino “Bastardo”(che perse un fratello, Domenico, a Malga Zonta) nato il 1925. Inoltre: “Abele” Dall’Ava, De Vicari Giocondo (morto a Malga Zonta), Zandenego Aldo, Fortuna Baldo, “Tigre”, “Canaglia”, Cecchetto Giovanni, Zaupa Luigi “Picchiatello”, Barbieri Marcello “Elica” morto a Malga Zonta, Ceolato “Russo”, Tessaro Giovanni, morto a Malga Zonta, Bertoldi Guglielmo “Mirco”, “Alpino” di Monte Magrè.
In quelle zone operavano numerosi partigiani: “Erano bande abbastanza numerose, ottimamente comandate da capi come il Tar, il Tigre, il Negro; teoricamente inquadrate in grosse formazioni riconosciute, ma in realtà largamente autonome…” <129
Proprio la massiccia presenza di uomini fu motivo di contrasto tra alcuni di loro. In particolare nasceranno delle incomprensioni, come vedremo, tra Ferruccio Manea “Tar”, il “Negro” e Bruno Viola.
Luigi Meneghello nel suo romanzo della Resistenza, “I piccoli maestri”, parla del “Tar” e anche del “Negro”, che incontrò anche di persona. Così ci parla di Luigi Faccin: “A Torreselle c’era un reparto soggetto all’imperium del Tar, ma con molta autonomia. Il capo era un ometto con la testa grossa che si chiamava il Negro; aveva le gambe corte e storte, i modi semplici e franchi, e una certa vitalità sparsa sul viso e nel corpiciattolo.” <130
Un altro aspetto interessante ci viene raccontato da Severino Oliviero: egli faceva parte di un gruppo partigiano di Malga Campetto, operante a Marana, nel comune di Crespadoro. “Ricordo che a Marana abbiamo trovato pure Viola il “Marinaio” e gli uomini di “Marte” di Schio.” <131
Ai primi di aprile il suo gruppo si sposta a Monte Magrè. Continua poi Oliviero: “Verso la fine di luglio ci siamo aggregati al “Negro” che ci ha proposto di salire a Malga Zonta. Però non siamo arrivati a Malga Zonta, per un grande rastrellamento in corso. Così, nella nostra zona di operazioni di Monte Magrè, si è andato formando il “Battaglione Lampo” della brigata garibaldina “Martiri Val Leogra” in memoria di Bruno Viola “il Marinaio” caduto a Malga Zonta, chiamato anche Lampo.” <132
È questa una testimonianza importante, perché ci dà due informazioni preziose. La prima è che Bruno Viola veniva chiamato dai suoi compagni di lotta anche “Lampo”. La seconda è che in suo nome nacque un battaglione partigiano, guidato da Eugenio Narciso Rigo detto “Pantera”. Ritengo sia giusto quindi associare sempre a Bruno lo pseudonimo di “Lampo” oltre a quello di “Marinaio”, anche se più spesso io riporto solo il secondo.
Ferruccio Manea “Tar” fu una figura molto importante della Resistenza vicentina. Nella “Garemi” guidava la brigata “Ismene”. Uomo di grande coraggio e autorità, la sua storia dai tratti quasi leggendari è ottimamente raccontata da una recente pubblicazione di Patrizia Greco. <133
Come abbiamo visto e come vedremo “Tar” e “Lampo/Marinaio” incrociarono spesso le loro strade. Di Bruno Viola “Tar” diceva: “Il Marinaio era un bravo giovane che non aveva paura…con lui ho avuto anche discussioni violente, ma riconosceva i torti e collaborava.” <134
[NOTE]
128 Gruppo Cinque, Quaderni della Resistenza. Schio, volume 8, Edizioni Gruppo Cinque, Schio, 1978, pag. 425
129 Luigi Meneghello, I piccoli maestri, Rizzoli Editore, Milano, 1976, pag. 230
130 Luigi Meneghello, op. cit, pag. 234
131 Severino Oliviero, in Mario Faggion, Gianni Ghirardini, Norberto Unziani “Boby”, Malga Campetto nella storia della Brigata Garemi, OdeonlibriIsmos, Schio, 1989, pag. 109
132 ibidem
133 Patrizia Greco, Nome di di battaglia Tar. Biografia resistenziale di Ferruccio Manea, comandante della brigata Ismene, Cierre edizioni, Verona, 2010
134 Sergio Fortuna – Gianni Refosco, Tempo di guerra Castelgomberto: avvenimenti e protagonisti del secondo conflitto mondiale e della Resistenza, Odeonlibri Ismos, Castelgomberto, 2001, pag. 105
Francesco Corniani, Un marinaio in montagna. Storia di Bruno Viola e dell’eccidio di Malga Zonta, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno accademico 2009-2010
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